lunedì 31 dicembre 2012

Paola Basile ed il suo libro " Irene non lo sa" quando l'amicizia diventa salvifica e terapeutica

"Irene non  lo sa" di Paola Basile

Il mondo è lì, fuori ad accogliere chi è disposto a protendere il proprio spirito alla vita. A quel sole che irradia i propri raggi nel cuore di coloro che nutrono ancora la speranza di un futuro migliore che va oltre quelle aspettative molto spesso fallite e generatrici di amarezze, dolori e incertezze.
Ma tutto questo, Irene non lo sa. O almeno, fin quando non scopre nell’amicizia e nella condivisione gli strumenti vincenti che la condurranno al di fuori di quel microcosmo in cui si era rintanata. La scrittrice Paola Basile, autrice del suo secondo libro, Irene non lo sa, corredato dall’autorevole  prefazione di Dacia Maraini ed edito da Spazio Creativo Edizioni, eleva nel suo lavoro, quale sentimento principe , quell’amicizia autentica e salvifica. Quell’amicizia che moltiplica le gioie e dipana i dolori. Quell’amicizia che costituisce il motore della vita, quell’amicizia sincera . . che può anche trasformarsi in amore. Quanto accade nel destino di Irene dopo l’incontro con Federico, protagonista maschile nonché voce narrante.
Irene apparentemente sembra arrendersi alla vita, crucciata da quelle domande lasciate senza risposta, da quelle verità non espresse, da quelle incertezze che tormentano l’anima a tal punto da trascinarla a compiere un gesto estremo. Fortunatamente sventato. Perché l’essere sovrasta il non essere.
Eppure, esistono persone che, come Irene, hanno un dono. Infondere gioia negli altri anche quando la vita le ha messe a dura prova. Questa proiezione nell’ altro dà la forza di rimettersi in gioco.  I protagonisti principali sono accomunati dal dolore e dal senso di abbandono ma Federico, attraverso Irene, riesce a liberarsi dei fantasmi del passato e ad amare, mentre Irene riesce a riscoprire quella voglia di vivere che aveva sepolto nel suo “non sapere”.
L’amore c’è e sarà sempre presente nel libro, ma come detto prima è il sentimento dell’amicizia che regna sovrano. Quel sentimento che lega i protagonisti agli altri personaggi presenti nel testo. Tra cui il miglior amico di Federico, Stefano.
Momenti di condivisione piacevolmente descritti dalla Basile, frasi genuine che scandiscono quella gioiosità insita nella semplicità di piccoli gesti. Di quel mondo a portata di mano, se solo noi lo volessimo.
Condivisione vuol dire anche scoprire l’altro. Immergersi in una realtà completamente diversa per poi scoprire che il sorriso di un bambino africano o un abbraccio arricchiscono l’essere umano più di qualsiasi bene materiale. E sarà appunto l’esperienza del viaggio in Africa intrapreso da Federico a dar prova che il calore umano e il sostenersi a vicenda possono rendere un individuo forte e vincitore di numerose battaglie. Il viaggio in Africa prende spunto dall’esperienza realmente vissuta da Luca Palmiero, che in nome della sincera amicizia, ha ispirato la Basile “regalandole” pagine di diario, gelosamente raccolte. Offrendo, oltremodo ai lettori belle emozioni nonché momenti di riflessione.
“Irene non lo sa” è un libro che penetra negli animi infondendo gioia e forza d’animo a chi come la protagonista, non sa che c’è un posto al sole per tutti, e che molto spesso è proprio accanto a noi la felicità. Basta lasciare una porta aperta alla vita e non lasciarsi vivere.
                                                                                                           Corinne Bove
   



Irene non lo sa
pp.127
euro 12
autrice Paola Basile
editore : Spazio Creativo Edizioni.

“Da quel diario segreto” il nuovo libro di Aldo Di Mauro

Aldo Di Mauro

Confermando l’amore come ideale di vita, dimostrando come si può continuare  a scrivere di esso per un’intera esistenza, lo scrittore, filosofo e poeta Aldo Di Mauro, presenta, il suo nuovo libro “Da quel diario segreto” edito da Graus. Mantenendosi sulla soglia di quel mistero edipico che segna in disuguali misure tutti gli scrittori romantici, Di Mauro, con il suo scritto dove l’io narrante si traveste da donna, dissertando su di un amore parlato e vissuto attraverso le pagine di un diario, sembra modulare lievemente, con occhio languido e distaccata malinconia, i toni di una vita capace di colorarsi di languori sentimentali e scandire il tempo di rapporti ora teneramente bisbigliati ora voluttuosamente palesati. Dipanandosi nell’arco temporale di tre settimane e mezzo, sullo scenario animato dalle musiche di Chopin,  dai cioccolatini, dagli orologi alle pareti dai sadici tic tac, da mani caldi, da pianti notturni e da versi trasudanti di passione, “Da quel diario segreto”, sembra rappresentare una sorta di breviario dell’amore dove sia pure “la gioia ed il dolore hanno in comune il pianto” a vincere risultano essere comunque le scelte del proprio cuore. E così, dopo aver ulteriormente manifestato come le donne incidono nella sua vita e nella sua immaginazione di uomo e scrittore, Di Mauro anche con questa sua nuova fatica letteraria, tende a lasciare agire l’immaginazione stessa  nei confini di una sognante purezza. Evitando di finire tra quella schiera di scrittori che secondo Freud tradussero i sintomi dell’amore in nevrosi, per Di Mauro lo stesso sentimento, ancor di più se vissuto e visto dagli occhi di una  donna, rimane soprattutto sinonimo di emozione. Un’emozione, come recita il sottotitolo del libro che “avvolge, coinvolge e sconvolge” ancora una volta descritta dall’autore centellinando alla perfezione sospiri ed aggettivi.             
                                                                                                    Giuseppe Giorgio

lunedì 17 dicembre 2012

"Alla faccia della coerenza" ovvero: Storiella tibetana (meditate, gente, meditate!!) racconto breve di Mirea Stellato


MIREA FLAVIA STELLATO

C’era una volta un ragazzo che accompagnava le sue capre sull’altopiano del Tibet. Un giorno vide passare un monaco buddista e fu colpito da quella veste arancione e dal portamento dell’uomo. Lo fermò e gli chiese: “fratello, come posso diventare come te?” Dopo una pausa, il monaco rispose:  “non è con uno sguardo che si impara a fare il monaco.” “Ma io lo voglio ardentemente, sento un fuoco che brucia nel mio cuore”, rispose il ragazzo. “Bene” disse il monaco, “se hai tanta certezza, trafiggiti un dito sopra quei grossi rovi.” Il ragazzo allora si fece trapassare con violenza entrambe le mani e, lasciandole inchiodate, si rivolse al monaco: Va bene così?...  Portami con te!” Sorpreso, il monaco fasciò le mani al ragazzo e disse: “andiamo dal Lama.”
Il monastero era sul picco più alto ed il ragazzo fu sottoposto ad un’altra prova, fu lasciato nudo per tutta la notte nella neve. All’alba fu ricevuto dal Lama che gli disse: “abbiamo fatto chiamare tuo padre e inviato il tuo nome al Dalai Lama.” A mezzogiorno assieme ai monaci fece colazione con pane ammuffito e latte acido. Poi trascorse volontariamente le successive tre notti nudo nella neve. Giunse al convento il padre che implorò il ragazzo di tornare perché senza di lui non poteva continuare il commercio della lana. Il  ragazzo allora si cosparse di benzina e si diede fuoco, ma i monaci intervennero istantaneamente e le scottature risultarono minime. Tutti dissero in coro:  “ma allora è proprio una cosa seria! Giunse anche una delegazione del Dalai Lama che annunciò: “stiamo costruendo un nuovo monastero che affideremo a questo ragazzo che ha dimostrato tanta fede!” Il ragazzo passò un’altra settimana dormendo nella neve e mangiando schifezze e accorsero da tutto il Tibet in pellegrinaggio per vedere questo santo ragazzo. Ma una bella domenica nessuno lo trovò  più. Era sparito. Per dieci giorni lo cercarono per tutte le montagne del Tibet. Anche il padre era tornato al convento in cerca di notizie. Ad un tratto giunse una telefonata sul cellulare del Lama, era il ragazzo che diceva di essere andato sulle spiagge del Brasile a vendere il cocco.  Il Lama (che aveva origini romanesche) rispose:  “A ragazzì, mortacci tua!! Ci hai rotto li cojoni per due settimane,  tu e la tua vocazione seria e sicura… ma va a morì ammazzatooo!!”
Allora il padre (che aveva origini partenopee) prese il telefono e disse: “all’anema de meglie muort e chi t’è muort!!! Aggio perz  tutt e pecore pe’ chesta vocazione d’’o cazz!!  Ma pecché nun te si’ spezzate ‘e cosce?!!” E il bonzo che per primo aveva incontrato il ragazzo (e che aveva origini venete) non volle essere da meno; strappò il telefono dalle mani del padre e urlò: “ma va remengo ti e co te go ncontrà! Va’ in mona, coglionazzoooo!”
MORALE: non basta gettare un mattone a terra per essere certi di costruire un grattacielo.  P.S. I coglioni ingannano talmente bene se stessi… che riescono a trarre in inganno anche gli altri.