lunedì 17 dicembre 2012

"Alla faccia della coerenza" ovvero: Storiella tibetana (meditate, gente, meditate!!) racconto breve di Mirea Stellato


MIREA FLAVIA STELLATO

C’era una volta un ragazzo che accompagnava le sue capre sull’altopiano del Tibet. Un giorno vide passare un monaco buddista e fu colpito da quella veste arancione e dal portamento dell’uomo. Lo fermò e gli chiese: “fratello, come posso diventare come te?” Dopo una pausa, il monaco rispose:  “non è con uno sguardo che si impara a fare il monaco.” “Ma io lo voglio ardentemente, sento un fuoco che brucia nel mio cuore”, rispose il ragazzo. “Bene” disse il monaco, “se hai tanta certezza, trafiggiti un dito sopra quei grossi rovi.” Il ragazzo allora si fece trapassare con violenza entrambe le mani e, lasciandole inchiodate, si rivolse al monaco: Va bene così?...  Portami con te!” Sorpreso, il monaco fasciò le mani al ragazzo e disse: “andiamo dal Lama.”
Il monastero era sul picco più alto ed il ragazzo fu sottoposto ad un’altra prova, fu lasciato nudo per tutta la notte nella neve. All’alba fu ricevuto dal Lama che gli disse: “abbiamo fatto chiamare tuo padre e inviato il tuo nome al Dalai Lama.” A mezzogiorno assieme ai monaci fece colazione con pane ammuffito e latte acido. Poi trascorse volontariamente le successive tre notti nudo nella neve. Giunse al convento il padre che implorò il ragazzo di tornare perché senza di lui non poteva continuare il commercio della lana. Il  ragazzo allora si cosparse di benzina e si diede fuoco, ma i monaci intervennero istantaneamente e le scottature risultarono minime. Tutti dissero in coro:  “ma allora è proprio una cosa seria! Giunse anche una delegazione del Dalai Lama che annunciò: “stiamo costruendo un nuovo monastero che affideremo a questo ragazzo che ha dimostrato tanta fede!” Il ragazzo passò un’altra settimana dormendo nella neve e mangiando schifezze e accorsero da tutto il Tibet in pellegrinaggio per vedere questo santo ragazzo. Ma una bella domenica nessuno lo trovò  più. Era sparito. Per dieci giorni lo cercarono per tutte le montagne del Tibet. Anche il padre era tornato al convento in cerca di notizie. Ad un tratto giunse una telefonata sul cellulare del Lama, era il ragazzo che diceva di essere andato sulle spiagge del Brasile a vendere il cocco.  Il Lama (che aveva origini romanesche) rispose:  “A ragazzì, mortacci tua!! Ci hai rotto li cojoni per due settimane,  tu e la tua vocazione seria e sicura… ma va a morì ammazzatooo!!”
Allora il padre (che aveva origini partenopee) prese il telefono e disse: “all’anema de meglie muort e chi t’è muort!!! Aggio perz  tutt e pecore pe’ chesta vocazione d’’o cazz!!  Ma pecché nun te si’ spezzate ‘e cosce?!!” E il bonzo che per primo aveva incontrato il ragazzo (e che aveva origini venete) non volle essere da meno; strappò il telefono dalle mani del padre e urlò: “ma va remengo ti e co te go ncontrà! Va’ in mona, coglionazzoooo!”
MORALE: non basta gettare un mattone a terra per essere certi di costruire un grattacielo.  P.S. I coglioni ingannano talmente bene se stessi… che riescono a trarre in inganno anche gli altri.

1 commento:

  1. che ci azzecca mirea una ragazza che a soli 14 anni ha convinto i geniutori lo so litigandoci gionate intere perche , nonostante una ragazzina voleva fare interviste tutto qua a chi prende per il cuo forse vi brucia' un po' perche' la sua carfriera procede a gonfievele non fate cosi questo lo dico da amico inseguite i vostri sogni e vedrete che andra nvia tutto questo

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