venerdì 18 luglio 2014

“Il giornalismo nel romanzo postmoderno” secondo Franco Zangrilli con il suo libro "L'inferno dell'informazione"

E’ per esaminare la relazione che corre tra la letteratura ed il giornalismo che “L'inferno dell'informazione”, il libro dello scrittore e critico Franco Zangrilli pubblicato dalla Homo Scrivens per la collana "Arte" , diventa una sorta di prezioso strumento. Tant’è che sottotitolato “Il giornalismo nel romanzo postmoderno” il lavoro del professore d’italiano e di letteratura comparata alla City University of New York, mediante un’attenta analisi di alcuni testi di narrativa contemporanea sul tema del giornalismo, traccia un approfondito quadro sulla società dei mass media osservando le sue influenze sulla cosiddetta  "narrativa mediatica" intesa come contenitore di arte, cultura e informazione. Nello scandagliare il complesso rapporto tra letteratura ( ossia  tutto ciò che è scritto a livello colto a fini artistici, in prosa o in versi, e che è oggetto di sistemazione storica e analisi critica) ed il giornalismo (ovvero il complesso delle attività volte a ricercare, elaborare, commentare, pubblicare o diffondere notizie attraverso i differenti mezzi di comunicazione) “L’inferno dell’informazione” dell’autorevole saggista nato a Frosinone e trasferitosi a New York, affronta quella realtà dei mass media, che per effetto dell’evoluzione tecnologica e dell’era internet, produce ad una velocità sempre più impressionante un’infinità di informazioni fino a condizionare enormemente la letteratura postmoderna. Mediante un’interessante, profonda  e dinamica analisi delle opere narrative di numerosi scrittori contemporanei, Zangrillo con il suo libro disegna le linee dei principi fondamentali della poetica postmoderna soffermandosi sulla sua coesistenza con gli altri linguaggi, stili e mezzi espressivi. E così, osservando un giornalismo trasformato in vena d’ispirazione e creatività per molti narratori postmoderni sempre più dipendenti dalla realtà mediatica, l’autore dimostra, altresì, come gli stessi restino profondamente condizionati dal mondo dell’informazione e della pubblicità da sempre orientato verso la commercializzazione e l’amplificazione di tutti gli aspetti dell’ esistenza umana. Portando alla mente la moltitudine  di notizie che quotidianamente bombardano e sconvolgono i cittadini con crudeltà di ogni genere e le parole di Papa Wojtyla, che in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1994, nel suo messaggio  sottolineò come “la televisione può anche danneggiare la vita familiare: diffondendo valori e modelli di comportamento falsati e degradanti, mandando in onda pornografia e immagini di brutale violenza; inculcando il relativismo morale e lo scetticismo religioso; diffondendo resoconti distorti o informazioni manipolate sui fatti ed i problemi di attualità, trasmettendo pubblicità profittatrice, affidata ai più bassi istinti; esaltando false visioni della vita che ostacolano l’attuazione del reciproco rispetto, della giustizia e della pace”, il libro di Zangrilli va oltre la semplice analisi delle diverse entità mediatiche all’interno della narrativa post moderna, lasciando trasparire sia la voglia di evidenziare le nuove tendenze dei media sempre più protesi verso la manipolazione dei fatti di cronaca e la mistificazione della verità, sia  la volontà di sottolineare quella condizione di disgregazione di una società sempre più vittima di una corruzione intesa come complicanza di una crisi dell’informazione. Ed è in questo contesto che giungendo come un paladino, il giornalista, testimone dell’esperienza di crescita collettiva, rischiando di sprofondare in un rapporto di solitudine con se stesso e il niente, che blocca le capacità personali, fino a modificare il modo di concepire la realtà e la stessa vita, sembra intraprendere un viaggio di esplorazione che lo conduce inesorabilmente sui tortuosi sentieri del nostro oggi e del nostro ieri. In conclusione, “L’inferno dell’informazione” nel tenere bene presente che il controllo dei mass-media può costituire uno degli strumenti più efficaci per influenzare la letteratura post moderna e livellare l’umanità rendendola omogenea e facilmente manipolabile, si trasforma in un invito per cominciare ad agire in maniera precisa contro quelle immagini, quei commenti e soprattutto quelle ideologie che tendono a controllare i processi mentali ed il senso critico delle masse e ad annullare in esse la capacità di pensare.

 Francesca Giorgio





                   

Le diciassette storie di Barbara Goti per "Il tempo è un'invenzione" il libro della narratrice livornese edito da Homo Scrivens

E’ pensando ai suoi aforismi “Sono vivo e questo è sempre il punto di partenza ad ogni età” e “Non mi piacciono le persone fragili. Come vetro si spaccano, e i frammenti tagliano”. Ovvero a quelle intriganti massime che esprimono in forma sintetica tutto il pensiero morale ed il sapere pratico della scrittrice Barbara Goti, che si può fare la conoscenza con i personaggi del suo libro “Il tempo è un’invenzione”. Edito da “Homo Scrivens” per la collana “La stanza dello scrittore”, il lavoro dell’apprezzata narratrice livornese propone diciassette storie, raccontate in prima persona. Diciassette momenti di vita che partendo dal delicato e complesso adattamento di una adolescente ed attraversando a livello introspettivo tutte le età dell’esistenza umana, giungono alla matura consapevolezza della terza età. E così infondendo nell’animo del lettore una sorta di sensazione d’attesa capace di pervadere ogni cosa pur rimanendo sospesa in una dimensione avulsa dal tempo, il libro della Goti s’inoltra nella conoscenza di diciassette bozzetti di vita ognuno dei quali si pone in modo diverso nei confronti della realtà. Contemplando tutti i temi della concretezza, dell’ effettività, della materialità, della tangibilità e della verità umana, le realtà espresse dalla autrice risultano spesso difficili, pur mantenendo per il modo con cui sono narrate un andamento dal forte impatto emozionale. Perfettamente in equilibrio tra lo scanzonato e l’ irriverente ed ancora, tra lo spassoso  ed il doloroso, “Il tempo è un’invenzione” trasmette a chi legge un incontenibile impulso di curiosità riferito a quegli stessi personaggi che popolano le pagine e che risultano da subito da analizzare, da amare oppure odiare. In barba alla superstizione, i diciassette personaggi dalle diverse età, sesso e condizioni sociali che compongono le altrettante storie del libro, finiscono per trasformarsi  in vari esempi di drammi umani, i quali,  tendono ad esemplificare l'evoluzione dell'uomo sulla terra. Partendo dalle parole di Sigmund Freud "C'è una storia dietro ogni persona. C'è una ragione per cui loro sono quel che sono. Loro non sono così perché lo vogliono. Qualcosa nel passato li ha resi tali…", Barbara Goti, dalla quindicenne di nome Melania, dapprima obesa e poi anoressica, protagonista della prima storia, al vecchio hippy innamorato della vita, della musica e dell'energia, artefice dell’ultimo racconto, offre un libro ricco di suggestioni e sfumature umane sempre animato da una sottile ironia dai tratti amari. Carico di compassione e di disperata ricerca d’identità, “Il tempo è un’invenzione” riesce ad infondere nel lettore, una lunga serie di emozioni psicologiche e sensoriali  tracciando il doloroso percorso di chi sembra rincorrere la via della redenzione e di una pace interiore capace di guarire la propria anima squarciata. Lasciando trasparire da personaggi come Piddu il ritardato; Caterina l’amante; Dario l’artista; Gerardo il tossicodipendente e Margherita la cinquantottenne desiderosa di vita,  tutta l’umanità ed il patimento di chi perseguitato dalle sventure terrene e fisiche  implora una via di scampo, il libro riesce a portare abilmente tra le sue pagine tutte le sfumature di chi cela dietro le apparenze un continuo e devastante martirio interiore. Perfetto quadro di tragedie sospese sull’antico contrasto tra la purezza e la corruzione, l’ umanità e l’ egoismo, la vita e la morte, “Il tempo è un’invenzione”, ha la valenza di un testo che, a proposito ancora dell’autrice, conferma la profondità e la bellezza di un forma di scrittura colta e pregna di significati in grado poco alla volta di illuminare le oscurità di esistenze dalle inconfessabili verità. Come prede di crudeli giochi del destino, i sofferenti e misteriosi personaggi immaginati dalla Goti, partendo dal loro disperato bisogno d’amore danno forma ad una narrazione satirica e surreale, struggente e delirante che travolge la mente di chi nel leggere osserva il calvario ed il sacrificio di esseri  spaccati a metà tra corpo e anima.
Francesca Giorgio 

Claudio Calveri tra inverosimile e credibile con il suo libro "La città distratta" per la Homo Scrivens

Frutto dell’estro e dell’intrigante immaginazione dello scrittore e cultural planner Claudio Calveri, il romanzo “La città distratta”, edito da Homo Scrivens per la collana “Dieci”, porta nuovamente in primo piano la prolifica penna del vincitore del Premio Troisi per la scrittura umoristica e di altri premi letterari, autore stavolta di un’avvincente storia  tutta imperniata sulla scelta originale ed anticonformista di un ispettore di polizia chiamato Angelo De Marinis. Lo stesso che, dopo la difficile decisione di emigrare nel nome della carriera,  pensa di fare ritorno nella città natale, dalla quale, invece, tutti intendono disperatamente fuggire. Una volta ritornato in quegli stessi ambienti a lui familiari, De Marinis, tuttavia, si ritrova subito proiettato nell’indagine per l’ omicidio di un ambiguo e malfidato personaggio della malavita conosciuto negli ambienti con il soprannome di “Rattuso”, ammazzato  misteriosamente nel porto di Napoli. E così, dopo aver pubblicato per Comix e altri editori libri di narrativa e saggistica e dopo aver curato il progetto editoriale Le città visibili”, con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana “Unesco” promuovendo la candidatura di Napoli a Città della Letteratura “Unesco”, il napoletano Claudio Calveri, con il suo racconto, aggirandosi alla sua maniera nella città dei “segreti di Pulcinella” offre vita ad un giallo-non giallo nel quale l’enigma in cerca di soluzione non è come normalmente si possa aspettare relativo al nome del colpevole, bensì inerente a quel segreto sconcio ed impronunciabile di una famiglia allargata in maniera ben lontana dalle convenzioni e dagli schemi della cosiddetta società civile. Grazie alle vicissitudini di un prete omosessuale, un falso professore, un marinaio russo, una nave fantasma, un’avvenente collaboratrice familiare polacca e tanti altri personaggi ai confini della normalità e del giusto, tutti impegnati nel celare le propria verità a polizia e criminali, ne “La città distratta”  a prendere corpo è la narrazione di “ChiarOscuro” uno scrittore mulatto, apprendista pizzaiuolo, attraverso la quale tutto l’assurdo e l’inverosimile sembra confondersi con il credibile e l’attendibile. Per i lettori “una storia dedicata a tutti quelli che, quotidianamente, combattono contro il Meglio, acerrimo nemico del Bene” ed un modo per osservare, attraverso le schegge di uno specchio rotto dal destino, le terrene peripezie di soggetti ottenebrati dall’enigma di occulte personalità, inconsapevoli artefici di  un  quadro di vita, ambiguo, desolato, insanguinato e beffardo.
Francesca Giorgio






martedì 18 giugno 2013

Con il nuovo libro di Aldo Di Mauro "Ma che vogliono questi poeti" giovedi 20 giugno alle 18.00 alla "Domus Ars" Jam Session Poetico Musicale

Aldo Di Mauro
NAPOLI - “Avere in tasca o nella mente un po' di poesie di Aldo di Mauro risolve a noi attori l'imbarazzo di quel momento in cui ti viene chiesto di recitare qualcosa. Regali una bella botta di emozioni al pubblico e ti sei assicurato un applauso”. E’ con le parole dello straordinario attore Giorgio Albertazzi, che si può presentare “Ma che vogliono questi poeti”, la nuova fatica poetica dello scrittore e filosofo napoletano che da anni continua a regalare ai suoi lettori, tra saggi, racconti, romanzi e poesie, dei confortanti ed introspettivi momenti di benefica e riflessiva lettura. Ed è con le vele gonfie e con i plausi di un altro illustre esponente della cultura nazionale come il professore Ugo Piscopo, che la nuova creatura editoriale di Aldo Di Mauro pubblicata dalla Galassia Arte, si appresta e colpire nuovamente diritto al cuore di quanti dalla vita riescono ancora a carpire sentimenti ed emozioni. “Una selezione antologica delle poesie pubblicate dal 1970 ad oggi, con l'aggiunta di altre inedite - così ha scritto Piscopo - capace di trasformarsi in  un bellissimo dono agli appassionati della poesia e di questo straordinario poeta del pensiero, a cui spetta un posto di rilievo nel panorama della letteratura contemporanea”. Con le esaltanti parole dell’autorevole scrittore e critico letterario ed ancora, con i personali apprezzamenti raccolti negli anni da personaggi del calibro di Mario Coltorti, Aldo Masullo e Maria  Orsini Natale, oggi Di Mauro, sembra devolvere ai suoi seguaci quanto raccolto in lunghi anni di gavetta artistica e maturazione interiore. Un libro, così come si evince dalla stessa premessa dell’autore, che parla di “momenti di vita che coinvolgono emotivamente il lettore, mantenendone alta la tensione, per ridestarne sentimenti e riflessioni talvolta sopite”, dal felice contenuto, capace, con scioltezza, ritmo e magia stilistica di penetrare nei più profondi meandri dell’animo umano. Inseguendo le tracce poetiche di una vita sempre protesa verso la bellezza e la purezza dei sentimenti, senza  disdegnare dei frequenti spunti di gioviale e salutare ironia, Aldo Di Mauro offre a tutti una sorta di vademecum dell’anima con le istruzioni per andare oltre le apparenze e le superficialità di una vita altrimenti vuota e priva di stimoli e  valori.  Riproponendosi ai suoi lettori con la prefazione del filosofo Pasquale Giustiniani, lo stesso che scrive “a noi ci fa un certo effetto leggere sentimenti, emotività, passione, dolore amore…”,  lo scrittore Di Mauro sembra fondere i versi di ieri con quelli di oggi,  collegando il passato con il presente fino a raggiungere una dimensione capace di andare al di là del tempo. Mescolando i sapori di una  volta con quelli dei giorni nostri, rendendo ancora più attuale la forza di pensieri lontani, “Ma che vogliono questi poeti” con il sottotitolo che recita “appunti di poesia”, lascia emergere le immagini di un poeta dell’amore e di un paladino della vita. Presentando la nuova fatica in un tour  partendo dall’evento in programma giovedì 20 giugno alle 18.00 alla “Domus Ars”  in via Santa Chiara 10c, Di Mauro lascerà che le sue poesie diventino anche le protagoniste di una Jam Session poetico-musicale itinerante, con la partecipazione del giornalista e scrittore Giuseppe Giorgio del docente di Filosofia Teoretica e Filosofia della Religione, Pasquale Giustiniani, dell’attore e cantante Massimo Masiello, della speaker radiofonica  Fabiana Sera, degli interpreti Vittoria di Mauro e Stefano Cortese, del chitarrista Fulvio Sabia, del flautista Maurizio Cerino, del percussionista Maurizio di Mauro e del bassista Bruno Cielo. Per tutti, quindi, un nuovo libro da custodire nel profondo del cuore e l’ennesimo atto di fede di un artista del pensiero e della parola che riconferma una missione di vita fatta di versi ma soprattutto di coinvolgimenti umani ed emotivi. 
                                                                                                                   giu.gio.

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sabato 18 maggio 2013

Il nuovo libro di Aldo di Mauro, poeta del pensiero: “MA CHE VOGLIONO QUESTI POETI”

ALDO DI MAURO

di UGO PISCOPO
Una selezione antologica delle poesie di Aldo di Mauro tra quelle pubblicate dal 1970 ad oggi, con l'aggiunta di poesie inedite, è la bella iniziativa di Galassia Arte Edizioni ed è certamente 
un bellissimo dono agli appassionati della poesia e di questo straordinario poeta del pensiero, a cui spetta un posto di rilievo nel panorama della letteratura contemporanea. 
“Ma che vogliono questi poeti” è il titolo di questa raccolta di “momenti di vita che coinvolgono emotivamente il lettore, mantenendone alta la tensione, per ridestarne sentimenti e riflessioni talvolta sopite”. 
“Non c'è nulla che non sprigioni emotività. Anche un oggetto è capace di smuovere la nostra sensibilità regalandoci una emozione. Figuriamoci ciò che può regalarci una persona, un animale, la musica, un'opera d'arte, la natura circostante, in fatto di arricchimento personale, con conseguente aiuto alla crescita della nostra umanità.” In queste parole di Aldo di Mauro c'è racchiusa la sua concezione estetica. Egli anche quando racconta le sue riflessioni, mostra una capacità di ricercare quelle parole che fanno vibrare l'anima di chi lo ascolta. Sembra che penetri nel mondo del pensiero, per segnalarci, se solo lo vogliamo, quella strada da percorrere per rintracciarne, comunque e sempre una sua poeticità intrinseca. 
“Dipende da noi se vogliamo che la vita diventi poetica, basta sapere approcciarla con una capacità di ascoltare ciò che c'è dietro e dentro ciò che ci appare”, ha sempre sostenuto.  
“Ma che vogliono questi poeti” aiuta a leggersi dentro e scoprire la poesia che giace sepolta nella intimità di ciascuno”. Ed Aldo di Mauro esprime il suo pensiero sulla poesia precisando che “le poesie non vanno motivate ma bevute,assaporate, digerite, vissute, condivise! Sono tali se il poeta riesce a trasmettere un suo momento emozionale...quasi un urgente appello alla partecipazione del lettore! Il poeta regala quelle parole che aiutano ad esplicitare un sentimento che si avverte ma stenta a trovare forma verbale”.
Il filosofo Pasquale Giustiniani nel saggio-prefazione di questa ultima opera, che fa della introspezione la sua valenza più toccante, così ne sottolinea la chiave di lettura:
“Ma cosa vogliono, dunque questi poeti come Aldo Di Mauro che, adesso, raccoglie e rilancia per noi queste liriche che gli si agitavano dentro a partire dagli anni settanta del secolo XX? Versi, i suoi, non più antichi, che domandano, ora, subito, di essere ri-ascoltati, ri-letti, ri-assaporati dal lettore ultracontemporaneo. E a noi, lettori (forse, poeti anche noi, almeno poeti per destinazione) - ancora troppo divisi (fratturati, frantumati, Michele Sovente avrebbe detto superstiti) tra piazze digitali e preoccupazioni per il futuro economico, tra desideri (e timori) d’imminenti ibridazioni tecnoscientifiche e bioniche, che si alternano ad antichi sentimenti tipici della nostra “vecchia” specie sapiens sapiens -,  a noi ci fa un certo effetto leggere sentimenti, emotività, passione, dolore, amore… sulla pagina bianca riempita dal poeta, apposta per noi esseri umani e per la nostra, forse piccola e ancora asfittica, felicità”.
Se quando Aldo di Mauro è poeta dell'amore viene accostato ad Hermann Hesse, Nazim Hikmet o Jacques Prévert, bisogna non tralasciare il ruolo che occupa la mente che produce quei pensieri che mano a mano si traducono in sentimenti che sedimentano nell'anima, per poi germogliare nei suoi versi. Non a caso, un altro filosofo, Aldo Masullo, gli ha riconosciuto che “la sua capacità di comunicazione consente ad un pensiero di essere raccontato con forza psicologica, tale da renderlo poetico”. 
E da questa considerazione che partì la scrittrice Maria Orsini Natale quando ebbe a dire sul quotidiano IL MATTINO, nel lontano 11 maggio 2000, che “lo consacra poeta quell'arte di dipingere le cose e i moti dell'anima, quel respiro di umano intendimento che discopre i sentimenti che intuivamo, ma prima non c'erano e poi svelati luccicano”.
“Ma che vogliono questi poeti” è certamente un libro da tenere a portata di mano per attingere emozioni latenti nell'anima.
                                                                                

GALASSIA ARTE EDIZIONI
Prezzo 16.00 euro
         

mercoledì 30 gennaio 2013

Rosanna Bazzano e le sue "Lune d'Agosto" sulla rotta dei miti e dell'Egeo

Giuseppe Giorgio con Rosanna Bazzano

di Giuseppe Giorgio
E’ un viaggio che parte dal cuore quello di Rosanna Bazzano, una sorta di avventurosa spedizione alla ricerca di una rinascita interiore fatta soprattutto d’amore. Con “Lune d’Agosto”, il suo libro di poesie edito da Intra Moenia, seguendo il suono delle onde che si infrangono sugli scogli ed immergendosi tra i riverberi di una luna ora nuova, ora crescente, ora piena, ora calante, grazie alle sue 31 composizioni, proprio quante sono le lune che compongono l’arco di tempo del mese d’agosto,  Bazzano proietta nelle menti dei lettori gli echi di porti ora lontani, ora vicini, saturi di essenze fatte di quello stesso mare da dove si parte per raggiungere quel confine che lo unisce al cielo. Uno splendido viaggio quello intrapreso dalla poetessa sicula di nascita ma napoletana d’adozione,che per affrontare al meglio il suo emozionante itinerario tra l’A16 e le coste dell’Egeo, sembra porre nella sua immaginaria valigia tutte le sensazioni tratte da una dimensione da sogno dove le evocazioni, i personaggi mitologici, le metafore, le preghiere d’amore, l’eros, sembrano partire dal cuore per poi farvi ritorno. Un viaggio nell’anima, quello che Rosanna Bazzano affronta, un percorso sublime  capace di attraversare lo spirito ed il mediterraneo fino a raggiungere i  lidi di terre lontane del sud sicuri e benefici approdi per corpi smarriti e delusi. Un’anima mediterranea, quella della sognante poetessa, lievemente sospesa sulle rive di un mare greco intenta a rimirare attraverso le fasi lunari le tappe di un viaggio dello spirito alla ricerca di un amore capace di andare  al di là del corpo e delle pulsioni cerebrali. Un viaggio di sensazioni, illuminato dalla luna in una dimensione spesso popolata da personaggi di omerica memoria come Calipso e di mitologica essenza come Gorgone. Un itinerario che mutandosi in una sorta di via Crucis dell’anima appena illuminata dal chiarore lunare, vede la femminea viandante errare senza tregua alla ricerca di una interiorità fatta di sentimenti estinti che potrebbe anche chiamarsi  “Itaca”. Muovendosi sulle sponde di quella stessa terra all’ombra del Monte Olimpo, Rosanna Bazzano, come una donna errante in un mondo vuoto e malinconico, alla fine del suo viaggio  sembra poi trovare l’essenza di quell’amore fatto ancora, come affermava Shakespeare, della stessa materia dei sogni. Ma proprio quando crede di poterlo stringere tra le mani, proprio quando pensa di potere dare un volto a quell’incerto del suo cammino, s’accorge infine di ciò che lei stessa definisce con sintesi quasi ungarettiana “La forma piena delle cose vuote”. Donna, madre, amante, sognatrice, icona di un mondo ancora incontaminato, l’autrice, nel mentre osserva la luna proiettare sulla terra la luce dei raggi di sole riflessi sulla sua superficie, sembra fare a sua volta chiarore e chiarezza sulle verità umane come pure sulle bugie. Segreti, amori, amanti sazi di piacere, carezze e peccati nelle 31 poesie della Bazzano sembrano fondersi tra loro per dare vita, supportate anche dalle forti emozioni visive dei disegni di Simona Valentino, ad un unico amplesso letterario fatto di tempi lontani ed antiche magie. Salpando dalle coste di una Napoli migrante e saracena, lasciandosi guidare dalla luce lunare e cullare dalle onde in una sorta di traversata nel profondo Io, la Bazzano con le sue “Lune d’Agosto”, ammalia e trascina, lasciando riaffiorare nella mente, tra carducciani “sciabordii,  ora il pensiero del neogreco Kavafis, ora la visione di Annamaria Ortese di “un mondo fatto da Dio, col vento, il sole, e laggiù il mare pulito, grande”. 


"Basilico a Natale" e le emozioni sensoriali del nuovo libro di Rosi Padovani


di Giuseppe Giorgio 
Emozioni sensoriali quelle scaturite dal nuovo libro di Rosi Padovani. Sensazioni fatte di antichi sapori ed intimistici ricordi familiari che con il titolo di “Basilico a Natale” conducono il lettore in un mondo ovattato dove tutto sembra più buono e genuino. E così, grazie alla sua prima piccola opera letteraria, colei che ha portato con i suoi testi “La genovese”, “La parmigiana di melanzane”, “Ragu” e “Sartù”, il “Teatro in cucina”, raccontando ed unendo in forma drammaturgica, ricordi, sentimenti, passioni e piaceri per il palato, riesce agevolmente a tradurre i sapori in qualcosa capace di  contribuire a rendere la vita valevole di essere vissuta.  In un’epoca di cinismo, dove tutto è fagocitato nel nome del consumismo, la voglia di emozionarsi ed emozionare dell’autrice Padovani, si trasforma in una benefica terapia per il corpo e per l’anima. Utilizzando la buona cucina come uno strumento capace di evocare tutti quegli stati d’animo che passando per la bocca si fissano nella mente per l’intera esistenza, l’artefice del delizioso libro pubblicato dalla Giammarino Editore con la prefazione di Roberto Azzurro, riesce piacevolmente ad associare alcune delle più tipiche specialità culinarie partenopee con dei flash back di vita vissuta fatti di tradizioni, intimità materne, calori familiari ed antichi momenti conviviali dove il  mangiare si tramuta nella celebrazione di un rito. Pur non cadendo nella trappola dell’autocelebrazione, con quella che può essere definita come una sorta di autobiografia dell’anima scandita dai profumi ed i sapori di una vita, Padovani,  attivando tutti i suoi cinque sensi, tramuta le ricette di famiglia in magiche pozioni di benessere interiore. Ecco allora che il ricordo di una frittura di alici mangiata di nascosto dai parenti che avrebbero, invece, dovuto sostenerla durante il travaglio del suo primo parto e quello di una parmigiana di melanzane sostituita alla torta per il primo anniversario di matrimonio, per l’autrice di “Basilico a Natale” diventano sinonimo di una vita fatta di luce e di gioia. Il grande attore fiorentino Paolo Poli ha affermato: “credevo che questo fosse il secolo del sesso, invece è il secolo della cucina…”. Ebbene, è proprio confermando questa autorevole citazione che con il suo libro, la napoletana novelliera del gusto, induce il lettore più attento a pensare al filosofo e critico della religione tedesco, Ludwig Feuerbach. Avallando con parole incantatrici ed una forma espressiva lineare e schietta la teoria del sensualismo, intesa come risoluzione compiuta di una teologia capace di superare ogni divisione tra uomo e mondo, corpo e spirito, Rosi Padovani, con dei lievi e delicati ricordi animati dall’affetto, dall’unione familiare, nonchè dal fattore cucina, raggiunge con semplicità estrema degli altissimi apici di contenuto. Considerando che passione, amore, fame, rappresentano senza ombra di dubbio l’esistenza di qualcosa, “Basilico a Natale” raccoglie l’essenza del vero principio della vita e del pensiero umano. Parlando ancora di Feuerbach, quindi e dell’uomo che è ciò che mangia ed ancora, dissertando sul concetto secondo il quale per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio, si potrebbe addirittura paragonare l’elegante libro deliziosamente illustrato dall’artista Lello Esposito, ad un piccolo breviario vita serena, dove, l’apparentemente allegro filosofare così vicino alle linee hegeliane diventa missione per un’esistenza migliore . 
*Pubblicato sul quotidiano Roma del 2 dicembre 2012