sabato 18 maggio 2013

Il nuovo libro di Aldo di Mauro, poeta del pensiero: “MA CHE VOGLIONO QUESTI POETI”

ALDO DI MAURO

di UGO PISCOPO
Una selezione antologica delle poesie di Aldo di Mauro tra quelle pubblicate dal 1970 ad oggi, con l'aggiunta di poesie inedite, è la bella iniziativa di Galassia Arte Edizioni ed è certamente 
un bellissimo dono agli appassionati della poesia e di questo straordinario poeta del pensiero, a cui spetta un posto di rilievo nel panorama della letteratura contemporanea. 
“Ma che vogliono questi poeti” è il titolo di questa raccolta di “momenti di vita che coinvolgono emotivamente il lettore, mantenendone alta la tensione, per ridestarne sentimenti e riflessioni talvolta sopite”. 
“Non c'è nulla che non sprigioni emotività. Anche un oggetto è capace di smuovere la nostra sensibilità regalandoci una emozione. Figuriamoci ciò che può regalarci una persona, un animale, la musica, un'opera d'arte, la natura circostante, in fatto di arricchimento personale, con conseguente aiuto alla crescita della nostra umanità.” In queste parole di Aldo di Mauro c'è racchiusa la sua concezione estetica. Egli anche quando racconta le sue riflessioni, mostra una capacità di ricercare quelle parole che fanno vibrare l'anima di chi lo ascolta. Sembra che penetri nel mondo del pensiero, per segnalarci, se solo lo vogliamo, quella strada da percorrere per rintracciarne, comunque e sempre una sua poeticità intrinseca. 
“Dipende da noi se vogliamo che la vita diventi poetica, basta sapere approcciarla con una capacità di ascoltare ciò che c'è dietro e dentro ciò che ci appare”, ha sempre sostenuto.  
“Ma che vogliono questi poeti” aiuta a leggersi dentro e scoprire la poesia che giace sepolta nella intimità di ciascuno”. Ed Aldo di Mauro esprime il suo pensiero sulla poesia precisando che “le poesie non vanno motivate ma bevute,assaporate, digerite, vissute, condivise! Sono tali se il poeta riesce a trasmettere un suo momento emozionale...quasi un urgente appello alla partecipazione del lettore! Il poeta regala quelle parole che aiutano ad esplicitare un sentimento che si avverte ma stenta a trovare forma verbale”.
Il filosofo Pasquale Giustiniani nel saggio-prefazione di questa ultima opera, che fa della introspezione la sua valenza più toccante, così ne sottolinea la chiave di lettura:
“Ma cosa vogliono, dunque questi poeti come Aldo Di Mauro che, adesso, raccoglie e rilancia per noi queste liriche che gli si agitavano dentro a partire dagli anni settanta del secolo XX? Versi, i suoi, non più antichi, che domandano, ora, subito, di essere ri-ascoltati, ri-letti, ri-assaporati dal lettore ultracontemporaneo. E a noi, lettori (forse, poeti anche noi, almeno poeti per destinazione) - ancora troppo divisi (fratturati, frantumati, Michele Sovente avrebbe detto superstiti) tra piazze digitali e preoccupazioni per il futuro economico, tra desideri (e timori) d’imminenti ibridazioni tecnoscientifiche e bioniche, che si alternano ad antichi sentimenti tipici della nostra “vecchia” specie sapiens sapiens -,  a noi ci fa un certo effetto leggere sentimenti, emotività, passione, dolore, amore… sulla pagina bianca riempita dal poeta, apposta per noi esseri umani e per la nostra, forse piccola e ancora asfittica, felicità”.
Se quando Aldo di Mauro è poeta dell'amore viene accostato ad Hermann Hesse, Nazim Hikmet o Jacques Prévert, bisogna non tralasciare il ruolo che occupa la mente che produce quei pensieri che mano a mano si traducono in sentimenti che sedimentano nell'anima, per poi germogliare nei suoi versi. Non a caso, un altro filosofo, Aldo Masullo, gli ha riconosciuto che “la sua capacità di comunicazione consente ad un pensiero di essere raccontato con forza psicologica, tale da renderlo poetico”. 
E da questa considerazione che partì la scrittrice Maria Orsini Natale quando ebbe a dire sul quotidiano IL MATTINO, nel lontano 11 maggio 2000, che “lo consacra poeta quell'arte di dipingere le cose e i moti dell'anima, quel respiro di umano intendimento che discopre i sentimenti che intuivamo, ma prima non c'erano e poi svelati luccicano”.
“Ma che vogliono questi poeti” è certamente un libro da tenere a portata di mano per attingere emozioni latenti nell'anima.
                                                                                

GALASSIA ARTE EDIZIONI
Prezzo 16.00 euro
         

mercoledì 30 gennaio 2013

Rosanna Bazzano e le sue "Lune d'Agosto" sulla rotta dei miti e dell'Egeo

Giuseppe Giorgio con Rosanna Bazzano

di Giuseppe Giorgio
E’ un viaggio che parte dal cuore quello di Rosanna Bazzano, una sorta di avventurosa spedizione alla ricerca di una rinascita interiore fatta soprattutto d’amore. Con “Lune d’Agosto”, il suo libro di poesie edito da Intra Moenia, seguendo il suono delle onde che si infrangono sugli scogli ed immergendosi tra i riverberi di una luna ora nuova, ora crescente, ora piena, ora calante, grazie alle sue 31 composizioni, proprio quante sono le lune che compongono l’arco di tempo del mese d’agosto,  Bazzano proietta nelle menti dei lettori gli echi di porti ora lontani, ora vicini, saturi di essenze fatte di quello stesso mare da dove si parte per raggiungere quel confine che lo unisce al cielo. Uno splendido viaggio quello intrapreso dalla poetessa sicula di nascita ma napoletana d’adozione,che per affrontare al meglio il suo emozionante itinerario tra l’A16 e le coste dell’Egeo, sembra porre nella sua immaginaria valigia tutte le sensazioni tratte da una dimensione da sogno dove le evocazioni, i personaggi mitologici, le metafore, le preghiere d’amore, l’eros, sembrano partire dal cuore per poi farvi ritorno. Un viaggio nell’anima, quello che Rosanna Bazzano affronta, un percorso sublime  capace di attraversare lo spirito ed il mediterraneo fino a raggiungere i  lidi di terre lontane del sud sicuri e benefici approdi per corpi smarriti e delusi. Un’anima mediterranea, quella della sognante poetessa, lievemente sospesa sulle rive di un mare greco intenta a rimirare attraverso le fasi lunari le tappe di un viaggio dello spirito alla ricerca di un amore capace di andare  al di là del corpo e delle pulsioni cerebrali. Un viaggio di sensazioni, illuminato dalla luna in una dimensione spesso popolata da personaggi di omerica memoria come Calipso e di mitologica essenza come Gorgone. Un itinerario che mutandosi in una sorta di via Crucis dell’anima appena illuminata dal chiarore lunare, vede la femminea viandante errare senza tregua alla ricerca di una interiorità fatta di sentimenti estinti che potrebbe anche chiamarsi  “Itaca”. Muovendosi sulle sponde di quella stessa terra all’ombra del Monte Olimpo, Rosanna Bazzano, come una donna errante in un mondo vuoto e malinconico, alla fine del suo viaggio  sembra poi trovare l’essenza di quell’amore fatto ancora, come affermava Shakespeare, della stessa materia dei sogni. Ma proprio quando crede di poterlo stringere tra le mani, proprio quando pensa di potere dare un volto a quell’incerto del suo cammino, s’accorge infine di ciò che lei stessa definisce con sintesi quasi ungarettiana “La forma piena delle cose vuote”. Donna, madre, amante, sognatrice, icona di un mondo ancora incontaminato, l’autrice, nel mentre osserva la luna proiettare sulla terra la luce dei raggi di sole riflessi sulla sua superficie, sembra fare a sua volta chiarore e chiarezza sulle verità umane come pure sulle bugie. Segreti, amori, amanti sazi di piacere, carezze e peccati nelle 31 poesie della Bazzano sembrano fondersi tra loro per dare vita, supportate anche dalle forti emozioni visive dei disegni di Simona Valentino, ad un unico amplesso letterario fatto di tempi lontani ed antiche magie. Salpando dalle coste di una Napoli migrante e saracena, lasciandosi guidare dalla luce lunare e cullare dalle onde in una sorta di traversata nel profondo Io, la Bazzano con le sue “Lune d’Agosto”, ammalia e trascina, lasciando riaffiorare nella mente, tra carducciani “sciabordii,  ora il pensiero del neogreco Kavafis, ora la visione di Annamaria Ortese di “un mondo fatto da Dio, col vento, il sole, e laggiù il mare pulito, grande”. 


"Basilico a Natale" e le emozioni sensoriali del nuovo libro di Rosi Padovani


di Giuseppe Giorgio 
Emozioni sensoriali quelle scaturite dal nuovo libro di Rosi Padovani. Sensazioni fatte di antichi sapori ed intimistici ricordi familiari che con il titolo di “Basilico a Natale” conducono il lettore in un mondo ovattato dove tutto sembra più buono e genuino. E così, grazie alla sua prima piccola opera letteraria, colei che ha portato con i suoi testi “La genovese”, “La parmigiana di melanzane”, “Ragu” e “Sartù”, il “Teatro in cucina”, raccontando ed unendo in forma drammaturgica, ricordi, sentimenti, passioni e piaceri per il palato, riesce agevolmente a tradurre i sapori in qualcosa capace di  contribuire a rendere la vita valevole di essere vissuta.  In un’epoca di cinismo, dove tutto è fagocitato nel nome del consumismo, la voglia di emozionarsi ed emozionare dell’autrice Padovani, si trasforma in una benefica terapia per il corpo e per l’anima. Utilizzando la buona cucina come uno strumento capace di evocare tutti quegli stati d’animo che passando per la bocca si fissano nella mente per l’intera esistenza, l’artefice del delizioso libro pubblicato dalla Giammarino Editore con la prefazione di Roberto Azzurro, riesce piacevolmente ad associare alcune delle più tipiche specialità culinarie partenopee con dei flash back di vita vissuta fatti di tradizioni, intimità materne, calori familiari ed antichi momenti conviviali dove il  mangiare si tramuta nella celebrazione di un rito. Pur non cadendo nella trappola dell’autocelebrazione, con quella che può essere definita come una sorta di autobiografia dell’anima scandita dai profumi ed i sapori di una vita, Padovani,  attivando tutti i suoi cinque sensi, tramuta le ricette di famiglia in magiche pozioni di benessere interiore. Ecco allora che il ricordo di una frittura di alici mangiata di nascosto dai parenti che avrebbero, invece, dovuto sostenerla durante il travaglio del suo primo parto e quello di una parmigiana di melanzane sostituita alla torta per il primo anniversario di matrimonio, per l’autrice di “Basilico a Natale” diventano sinonimo di una vita fatta di luce e di gioia. Il grande attore fiorentino Paolo Poli ha affermato: “credevo che questo fosse il secolo del sesso, invece è il secolo della cucina…”. Ebbene, è proprio confermando questa autorevole citazione che con il suo libro, la napoletana novelliera del gusto, induce il lettore più attento a pensare al filosofo e critico della religione tedesco, Ludwig Feuerbach. Avallando con parole incantatrici ed una forma espressiva lineare e schietta la teoria del sensualismo, intesa come risoluzione compiuta di una teologia capace di superare ogni divisione tra uomo e mondo, corpo e spirito, Rosi Padovani, con dei lievi e delicati ricordi animati dall’affetto, dall’unione familiare, nonchè dal fattore cucina, raggiunge con semplicità estrema degli altissimi apici di contenuto. Considerando che passione, amore, fame, rappresentano senza ombra di dubbio l’esistenza di qualcosa, “Basilico a Natale” raccoglie l’essenza del vero principio della vita e del pensiero umano. Parlando ancora di Feuerbach, quindi e dell’uomo che è ciò che mangia ed ancora, dissertando sul concetto secondo il quale per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio, si potrebbe addirittura paragonare l’elegante libro deliziosamente illustrato dall’artista Lello Esposito, ad un piccolo breviario vita serena, dove, l’apparentemente allegro filosofare così vicino alle linee hegeliane diventa missione per un’esistenza migliore . 
*Pubblicato sul quotidiano Roma del 2 dicembre 2012

Maurizio De Giovanni e “Vipera, nessuna resurrezione per il commissario Ricciardi”, il nuovo thriller edito da Einaudi


Un altro omicidio impegna l’enigmatico e affascinante commissario Ricciardi, personaggio della fortunata ed appassionante saga letteraria scaturita dalla penna dell’autore Maurizio De Giovanni. Con “Vipera, nessuna resurrezione per il commissario Ricciardi”, il thriller edito da Einaudi  per la collana Stile Libero Big, che già tanto successo ha riscosso nelle librerie di tutta Italia, De Giovanni conduce subito il lettore in una dimensione fatta di intrigo, passione e mistero, tutti elementi che ruotano intorno alla protagonista del caso in uno dei più rinomati bordelli di Napoli. Situato nella elegante via Chiaia, il “Paradiso”,  con il nome che coglie le sfumature del sacro e profano, diventa teatro di insospettabili accadimenti passionali, in cui i personaggi recitano la loro parte e la propria ineluttabile esistenza, incarnando quei sentimenti terreni e reali e contribuendo oltremodo a dare dignità persino all’amore in un contesto di lussuriose e trasgressive voglie. Manca una settimana alla Pasqua, Maria Rosaria Cennamo, detta Vipera, la più bella prostituta del bordello, viene trovata morta nella sua peccaminosa stanza. L’ultimo cliente sostiene di averla lasciata viva, il successivo, invece, dichiara di averla trovata già morta. Nonostante la sua ineguagliabile bellezza, Vipera aveva pochi clienti, appena due. Ed è proprio da questo apparentemente semplice particolare che partono le complesse indagini del commissario Ricciardi coadiuvato dall’immancabile brigadiere Maione e dal fedele compagno Dottor Modo. Il caso coinvolge diversi personaggi che nel pullulare intorno alla figura della bella prostituta e nel produrre diverse motivazioni, tra  misteri celati e sospetti destati, danno vita a situazioni intrecciate che in apparenza potrebbero rendere ognuno di loro colpevole. Qual è stato il movente? Invidia? Amore? Chi conosce la storia di Ricciardi non può che aspettarsi colpi di scena. I personaggi prendono forma nelle parole dell’autore, lo stile rende vivida ogni situazione, ogni movimento al punto che il lettore è proiettato in prima persona nelle pulsanti pagine, fino a compenetrarsi nelle vicende, nei luoghi e nei vicoli di una città a cui De Giovanni restituisce dignità, la Napoli del 1932. La Napoli fascista, insomma, dove le camicie nere s’incontrano e si scontrano nei  cupi e stretti vicoli, dove l’obbedienza al regime richiede particolari etichette, dove lo storico Gambrinus resta pur sempre emblema di una città che in ogni suo angolo ha qualcosa da raccontare. Ambientando il romanzo in uno dei luoghi di “compravendita” del sesso, l’autore inserisce l’elemento romantico, dell’amore impossibile e puro… perché, appunto, non consumato. Alla fine la domanda che sorge spontanea è: può coesistere l’amore quando parliamo di bordello?  Se a scrivere è Maurizio De Giovanni, ed è questa la conseguente risposta, c’è d’aspettarsi davvero di tutto. In conclusione, con “Vipera, nessuna resurrezione per il commissario Ricciardi”, ecco un nuovo giallo “made in Naples” capace di affascinare i lettori dalla prima all’ultima pagina.
                                                                                                          Corinne Bove




Autore Maurizio De Giovanni
Editore  Einaudi, Stile Libero Big
Pp        312
Euro     18.00

lunedì 31 dicembre 2012

Paola Basile ed il suo libro " Irene non lo sa" quando l'amicizia diventa salvifica e terapeutica

"Irene non  lo sa" di Paola Basile

Il mondo è lì, fuori ad accogliere chi è disposto a protendere il proprio spirito alla vita. A quel sole che irradia i propri raggi nel cuore di coloro che nutrono ancora la speranza di un futuro migliore che va oltre quelle aspettative molto spesso fallite e generatrici di amarezze, dolori e incertezze.
Ma tutto questo, Irene non lo sa. O almeno, fin quando non scopre nell’amicizia e nella condivisione gli strumenti vincenti che la condurranno al di fuori di quel microcosmo in cui si era rintanata. La scrittrice Paola Basile, autrice del suo secondo libro, Irene non lo sa, corredato dall’autorevole  prefazione di Dacia Maraini ed edito da Spazio Creativo Edizioni, eleva nel suo lavoro, quale sentimento principe , quell’amicizia autentica e salvifica. Quell’amicizia che moltiplica le gioie e dipana i dolori. Quell’amicizia che costituisce il motore della vita, quell’amicizia sincera . . che può anche trasformarsi in amore. Quanto accade nel destino di Irene dopo l’incontro con Federico, protagonista maschile nonché voce narrante.
Irene apparentemente sembra arrendersi alla vita, crucciata da quelle domande lasciate senza risposta, da quelle verità non espresse, da quelle incertezze che tormentano l’anima a tal punto da trascinarla a compiere un gesto estremo. Fortunatamente sventato. Perché l’essere sovrasta il non essere.
Eppure, esistono persone che, come Irene, hanno un dono. Infondere gioia negli altri anche quando la vita le ha messe a dura prova. Questa proiezione nell’ altro dà la forza di rimettersi in gioco.  I protagonisti principali sono accomunati dal dolore e dal senso di abbandono ma Federico, attraverso Irene, riesce a liberarsi dei fantasmi del passato e ad amare, mentre Irene riesce a riscoprire quella voglia di vivere che aveva sepolto nel suo “non sapere”.
L’amore c’è e sarà sempre presente nel libro, ma come detto prima è il sentimento dell’amicizia che regna sovrano. Quel sentimento che lega i protagonisti agli altri personaggi presenti nel testo. Tra cui il miglior amico di Federico, Stefano.
Momenti di condivisione piacevolmente descritti dalla Basile, frasi genuine che scandiscono quella gioiosità insita nella semplicità di piccoli gesti. Di quel mondo a portata di mano, se solo noi lo volessimo.
Condivisione vuol dire anche scoprire l’altro. Immergersi in una realtà completamente diversa per poi scoprire che il sorriso di un bambino africano o un abbraccio arricchiscono l’essere umano più di qualsiasi bene materiale. E sarà appunto l’esperienza del viaggio in Africa intrapreso da Federico a dar prova che il calore umano e il sostenersi a vicenda possono rendere un individuo forte e vincitore di numerose battaglie. Il viaggio in Africa prende spunto dall’esperienza realmente vissuta da Luca Palmiero, che in nome della sincera amicizia, ha ispirato la Basile “regalandole” pagine di diario, gelosamente raccolte. Offrendo, oltremodo ai lettori belle emozioni nonché momenti di riflessione.
“Irene non lo sa” è un libro che penetra negli animi infondendo gioia e forza d’animo a chi come la protagonista, non sa che c’è un posto al sole per tutti, e che molto spesso è proprio accanto a noi la felicità. Basta lasciare una porta aperta alla vita e non lasciarsi vivere.
                                                                                                           Corinne Bove
   



Irene non lo sa
pp.127
euro 12
autrice Paola Basile
editore : Spazio Creativo Edizioni.

“Da quel diario segreto” il nuovo libro di Aldo Di Mauro

Aldo Di Mauro

Confermando l’amore come ideale di vita, dimostrando come si può continuare  a scrivere di esso per un’intera esistenza, lo scrittore, filosofo e poeta Aldo Di Mauro, presenta, il suo nuovo libro “Da quel diario segreto” edito da Graus. Mantenendosi sulla soglia di quel mistero edipico che segna in disuguali misure tutti gli scrittori romantici, Di Mauro, con il suo scritto dove l’io narrante si traveste da donna, dissertando su di un amore parlato e vissuto attraverso le pagine di un diario, sembra modulare lievemente, con occhio languido e distaccata malinconia, i toni di una vita capace di colorarsi di languori sentimentali e scandire il tempo di rapporti ora teneramente bisbigliati ora voluttuosamente palesati. Dipanandosi nell’arco temporale di tre settimane e mezzo, sullo scenario animato dalle musiche di Chopin,  dai cioccolatini, dagli orologi alle pareti dai sadici tic tac, da mani caldi, da pianti notturni e da versi trasudanti di passione, “Da quel diario segreto”, sembra rappresentare una sorta di breviario dell’amore dove sia pure “la gioia ed il dolore hanno in comune il pianto” a vincere risultano essere comunque le scelte del proprio cuore. E così, dopo aver ulteriormente manifestato come le donne incidono nella sua vita e nella sua immaginazione di uomo e scrittore, Di Mauro anche con questa sua nuova fatica letteraria, tende a lasciare agire l’immaginazione stessa  nei confini di una sognante purezza. Evitando di finire tra quella schiera di scrittori che secondo Freud tradussero i sintomi dell’amore in nevrosi, per Di Mauro lo stesso sentimento, ancor di più se vissuto e visto dagli occhi di una  donna, rimane soprattutto sinonimo di emozione. Un’emozione, come recita il sottotitolo del libro che “avvolge, coinvolge e sconvolge” ancora una volta descritta dall’autore centellinando alla perfezione sospiri ed aggettivi.             
                                                                                                    Giuseppe Giorgio

lunedì 17 dicembre 2012

"Alla faccia della coerenza" ovvero: Storiella tibetana (meditate, gente, meditate!!) racconto breve di Mirea Stellato


MIREA FLAVIA STELLATO

C’era una volta un ragazzo che accompagnava le sue capre sull’altopiano del Tibet. Un giorno vide passare un monaco buddista e fu colpito da quella veste arancione e dal portamento dell’uomo. Lo fermò e gli chiese: “fratello, come posso diventare come te?” Dopo una pausa, il monaco rispose:  “non è con uno sguardo che si impara a fare il monaco.” “Ma io lo voglio ardentemente, sento un fuoco che brucia nel mio cuore”, rispose il ragazzo. “Bene” disse il monaco, “se hai tanta certezza, trafiggiti un dito sopra quei grossi rovi.” Il ragazzo allora si fece trapassare con violenza entrambe le mani e, lasciandole inchiodate, si rivolse al monaco: Va bene così?...  Portami con te!” Sorpreso, il monaco fasciò le mani al ragazzo e disse: “andiamo dal Lama.”
Il monastero era sul picco più alto ed il ragazzo fu sottoposto ad un’altra prova, fu lasciato nudo per tutta la notte nella neve. All’alba fu ricevuto dal Lama che gli disse: “abbiamo fatto chiamare tuo padre e inviato il tuo nome al Dalai Lama.” A mezzogiorno assieme ai monaci fece colazione con pane ammuffito e latte acido. Poi trascorse volontariamente le successive tre notti nudo nella neve. Giunse al convento il padre che implorò il ragazzo di tornare perché senza di lui non poteva continuare il commercio della lana. Il  ragazzo allora si cosparse di benzina e si diede fuoco, ma i monaci intervennero istantaneamente e le scottature risultarono minime. Tutti dissero in coro:  “ma allora è proprio una cosa seria! Giunse anche una delegazione del Dalai Lama che annunciò: “stiamo costruendo un nuovo monastero che affideremo a questo ragazzo che ha dimostrato tanta fede!” Il ragazzo passò un’altra settimana dormendo nella neve e mangiando schifezze e accorsero da tutto il Tibet in pellegrinaggio per vedere questo santo ragazzo. Ma una bella domenica nessuno lo trovò  più. Era sparito. Per dieci giorni lo cercarono per tutte le montagne del Tibet. Anche il padre era tornato al convento in cerca di notizie. Ad un tratto giunse una telefonata sul cellulare del Lama, era il ragazzo che diceva di essere andato sulle spiagge del Brasile a vendere il cocco.  Il Lama (che aveva origini romanesche) rispose:  “A ragazzì, mortacci tua!! Ci hai rotto li cojoni per due settimane,  tu e la tua vocazione seria e sicura… ma va a morì ammazzatooo!!”
Allora il padre (che aveva origini partenopee) prese il telefono e disse: “all’anema de meglie muort e chi t’è muort!!! Aggio perz  tutt e pecore pe’ chesta vocazione d’’o cazz!!  Ma pecché nun te si’ spezzate ‘e cosce?!!” E il bonzo che per primo aveva incontrato il ragazzo (e che aveva origini venete) non volle essere da meno; strappò il telefono dalle mani del padre e urlò: “ma va remengo ti e co te go ncontrà! Va’ in mona, coglionazzoooo!”
MORALE: non basta gettare un mattone a terra per essere certi di costruire un grattacielo.  P.S. I coglioni ingannano talmente bene se stessi… che riescono a trarre in inganno anche gli altri.